Un nuovo racconto in punta di coda: “A me la libertà”

Un nuovo racconto in punta di coda: “A me la libertà”

Logo RaccontiTerzo racconto per la nostra specialissima “collana” Racconti in punta di coda.
La voce narrante è quella della protagonista, una meticcia che più di ogni altra cosa ama la libertà. Ogni giorno tenta (o forse simula) fughe che si concludono inevitabilmente col ritorno nel recinto…tranne un giorno, quando dal viale spunta…

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“A me la libertà”

Uno, due, tre, quattro, cinque e sei….sì, mi sembra proprio che siano sei. Sono sei anni che sono chiusa dietro queste sbarre: fatemi uscireeee!

Fino all’età di due anni, giravo libera e spensierata per le strade del mio paesino, in compagnia della mia sorellina Neve: corse sfrenate nei prati, zig zag tra gli alberi nei boschi e poi su per la collina nei pressi della campagna…da lassù, si vedeva tutto il paese. Che bei giorni! Finite le nostre scorribande, trovavamo sempre qualcuno che ci riportava a casa, la nostra casa senza recinzioni e senza regole.

Ormai, in paese ci conoscevano tutti, sapevano da dove fuggivamo. Ma come biasimarci? Nessuno ci badava, nessuno si prendeva davvero cura di noi. A nessuno importava che ogni giorno rischiassimo di farci investire dalle auto e proprio questo fu il motivo che spinse degli uomini a portarci via definitivamente dalla nostra casa, per chiuderci in un box dal quale era impossibile fuggire.

Basta corse sfrenate, dietro alle farfalle e ai merli che non si lasciavano mai acchiappare, basta arrampicate sulla collina più alta per godere il paesaggio. Da allora, solo ghiaia e sbarre e, una volta al giorno, un praticello.Gli altri cani, nei box accanto a noi, ci dicevano che ci trovavamo in un rifugio per cani abbandonati chiamato Apaca e che eravamo al sicuro. Ma a noi non interessava essere al sicuro! Volevamo solo essere libere.

Intanto passavano gli anni e, nonostante non ce la passassimo poi malissimo, visto che il pasto e le attenzioni affettuose erano assicurati ogni giorno, io e Neve eravamo sempre irrequiete e spesso litigavamo. Così decisero di dividerci. Dopo qualche tempo, capii che la mia sorellina non c’era più e, infatti, seppi dagli altri cani che era stata adottata da una famiglia che – so per certo – la ama molto; ero sicura che sarebbe andata via presto visto il suo carattere dolce e affettuoso…al contrario di me, che ho sempre abbaiato tutta la mia frustrazione e questo, ahimè, era molto fastidioso per chi mi stava vicino.

Non sapete il dolore che ho provato quando non ho sentito più il suo odore rassicurante ! E, da quel giorno, ho iniziato a mettere in atto piani di fuga geniali per riuscire a raggiungerla: arrampicate selvagge sulle reti, corse per tutto il cortile schivando le gambe di chi cerca di fermarmi: che ridere le facce dei volontari che mi vedono correre e saltare agile come un gatto!

Insomma, mi diverto così tanto che ho rinunciato alla grande fuga e mi sono concentrata su un obbiettivo più interessante: conquistare il cibo succulento custodito in infermeria. Il mio compagno di box, Alex, mi dice sempre che sono pazza. Può essere. E’ che se non faccio qualcosa, mi deprimo. Ora, ad esempio, mi hanno appena catturato e sono seduta sul bancale ad aspettare la mia ciotola.

Ma….scusate, forse mi sbaglio, è che vedo una volontaria con in mano un collarino nuovo di zecca e una medaglietta lucidissima con scritto Costa: sono ioooo!!! Sììììì! E’ arrivato il mio turno, finalmente! Vi saluto amici, la storia finisce qui…ma sto per iniziarne una tutta nuova e meravigliosa.

V.M.