“Piero e Lea” è il nuovo Racconto di questo mese

Ci sono legami che durano per sempre e, a volte, li sorregge un amore che neppure la morte dissolve. Intrecciano le vite degli esseri umani, ma spesso legano animali e persone.

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Piero e Lea

Alle pendici delle Prealpi si abbarbicava un paesino in cui viveva Piero, un sessantaquattrenne muratore in pensione. Piero continuava a lavorare nei ritagli di tempo, attento ad ogni minimo particolare, non trascurava niente, neanche la più piccola inezia. Il suo lavoro procedeva sempre in modo metodico e andava avanti di buona lena.

Amava particolarmente il cinema ed i libri di guerra, era un tipo pacifico che non avrebbe mai fatto male ad una mosca. Da giovane, per aiutare la famiglia, aveva fatto il boscaiolo. Quello fu il principio del suo amore per i boschi. Amava camminare e perdersi fra i sentieri sterrati che si addentravano nelle foreste montane. Questa attività lo gratificava e lo compensava delle fatiche cui si sottoponeva. Nei boschi si sentiva sereno, gli piaceva accarezzare con lo sguardo la corteccia rugosa degli alberi e lo deliziava il silenzio che gustava quasi fosse un cibo prelibato. L’odore del muschio gli riappacificava i sensi.

Piero aveva un cane: Lea, un setter irlandese molto elegante con la pelliccia maculata che ubbidiva solo a lui. Lei era la sola compagna che Piero volesse sempre nelle sue perlustrazioni silvestri, l’unico essere a cui fosse concesso di accompagnarlo nelle sue uscite. Per il suo cane egli aveva preparato una cuccia di fronte all’uscita di casa. Lea guaiva felice non appena lo vedeva perché lui le apriva il cancello e la lasciava correre in libertà per lunghi tratti, sfinita poi ritornava dal padrone che la accoglieva con un sorriso. Lea aveva una particolarità, un udito molto più sviluppato degli altri cani. Lanciava lunghi uggiolati quando sentiva il suono delle campane per la messa, anche quando udiva i rintocchi mattutini delle sei e mezza. I vicini si lamentavano ma il padrone scrollava le spalle come a dire non c’è niente da fare. Aggiungeva che il cane era fatto così. Il setter sentiva distintamente ogni fruscio e nelle passeggiate con il padrone era solita stanare e far fuggire qualche animale selvatico, per poi tornare da Piero esibendo una espressione trionfante come a volergli dire: “Sono stata brava vero?” Lui le dava una carezza.

Piero era schivo, ma non conduceva la vita di un eremita dalla barba bianca come la neve. Amava profondamente sua moglie e i figli, anche se questi abitavano altrove perché ormai erano grandi. Era ben visto da tutti e non c’era anima viva in paese che non sapesse del suo attaccamento per la famiglia, per il suo cane e per i boschi. Era inoltre molto stimato per la sua correttezza.

 

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