Condividere un’auto, una bicicletta e…adesso anche un cane

Condividere un’auto, una bicicletta e…adesso anche un cane

Si chiama “sharing economy” ed è un modello economico basato su pratiche di scambio e condivisione: si possono condividere auto, biciclette, appartamenti, reti wifi, risorse fisiche e umane, risparmiando, distribuendo le responsabilità e godendo di un bene che, magari, risulta sottoutilizzato o che non ci si sarebbe potuti permettere.

Non c’è nulla di ideale, “democratico” o buonistico nella “sharing economy”: semplicemente è un nuovo mercato con una nuova organizzazione, in cui tutti diventano allo stesso tempo produttori, commercianti e consumatori. E allora, perchè non condividere con altre persone non solo la moto e la bici, ma anche l’animale che si è sempre desiderato, ma che però richiederebbe troppe attenzioni e ci farebbe assumere troppe responsabilità o spendere troppi euro per mantenerlo e curarlo?

Nasce così il “dog sharing”, un prodotto americano, che ha attecchito già in Germania e in altre nazioni europee e che ora, attraverso alcuni gruppi Facebook e un sito web, è arrivato anche in Italia.

E’ bene chiarire che non si tratta di un paio di amici che si accordano per portare in passeggiata il cane di uno di loro; e neanche della ragazza che lavora tutto il giorno e accetta che l’anziana vicina accolga in casa il cane nel corso della giornata. Niente a che vedere neppure con il “dog sitting”, di cui semmai il “dog sharing” sembra essere una evoluzione speculativa, un business davanti al quale i diritti, i bisogni e le esigenze del cane perdono ogni valore, sacrificati all’egoismo di persone che semplicemente vogliono “godere” del “possesso” di una “cosa”: auto, appartamento o animale che sia (e che, invece, “cosa” non è!).

Il “dog sharing” – quello fatto per mera convenienza o, peggio, per business – è una scorciatoia egoistica che non fa bene ai cani – disorientati e stressati dagli sballottamenti da un “proprietario” all’altro – ma che non fa bene neanche alle persone che lo praticano, dato che sono destinate a non riconoscere alcun valore al sacrificio, all’assunzione delle responsabilità e alla bellezza di cambiare la propria vita in funzione di quella dell’altro: perdendo, in sostanza, la capacità di amare gli animali.