Cani e bovini possibili scudi al Covid-19

Uno studio dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro e l’Università di Milano, ha portato a scoprire una grande somiglianza nella struttura della proteina spike del coronavirus umano con quella del cane e del bue, suggerendo dunque l’ipotesi (ancora tutta da dimostrare, ma legittimamente presentata) che l’esposizione a questi animali domestici  possa dotarci di difese immunitarie ‘naturali’, in grado di attenuare i sintomi di un’eventuale infezione da COVID-19. In altri termini: le persone che vivono a stretto contatto di cani e bovini potrebbero avere sviluppato una maggiore tolleranza all’infezione da SARS-COVID-2.

Passeggiata in centro storico con alcuni dei cani abbandonati e maltrattati di Apaca

Il Gruppo di ricerca precisa che l’obiettivo è di “arrivare a dimostrare un giorno che l’esposizione ad alcuni animali domestici,ci consente di sviluppare delle immunoglobuline protettive, che permettono di fare un’infezione da COVID in forma attenuata, in caso di esposizione”.  Questa ipotesi di lavoro preliminare potrebbe portare in futuro a nuovi trattamenti e vaccini, ma anche a nuovi approcci diagnostici.

Al momento, comunque, gli aspetti significativi di questo lavoro sono almeno due.

Anzitutto, che ricerche come queste rafforzano la convinzione che il concetto chiave per interpretare i “mali” del mondo è solo quello della salute globale. Una sintesi efficace di tale concetto è quella ella fondazione Gemelli, che scrive: “il nostro pianeta è come un gigantesco organismo vivente, le cui singole parti, siano esse il mondo animale, quello vegetale, l’uomo, la condizione dei fiumi e dei mari, contribuiscono ognuna di per sé, ma tutte insieme in un grande unicum, a determinare lo stato di salute o di malattia dei singoli”.

Il secondo aspetto significativo del lavoro prodotto dal Gruppo di ricerca COVID della Cattolica è che gli animali – considerati finora dalla parte peggiore dell’informazione e della politica come parte del problema (l’infezione da COVID-19 si sviluppa come una zoonosi) – escono da questa ricerca come possibile parte della soluzione!

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