La morte di Byron: improvvisa e struggente

La morte di Byron: improvvisa e struggente

La morte è sopraggiunta poco prima della sua adozione

A breve la famiglia di Sonia lo avrebbe verosimilmente adottato: c’erano già stati due incontri e a Byron loro erano piaciuti, così come lui era piaciuto a una famiglia desiderosa di aiutare un cane del rifugio. E invece la sorte si è accanita su questo dolcissimo cane di soli 6 anni: nel giro di 24 ore le sue condizioni di salute sono precipitate e l’eutanasia è stata l’epilogo della diagnosi di una gravissima situazione clinica prodotta da un cancro all’intestino e metastasi devastante ad altri organi vicini, tra cui il fegato. Ovviamente una patologia sviluppatasi parecchio tempo fa e probabile causa anche delle contenute manifestazioni di disagio che Byron aveva manifestato e che sono state il motivo del suo arrivo in rifugio.

La vita di Byron – come quella di molti altri cani accolti in canile – è stata caratterizzata dall’abbandono. Nella sua breve esistenza, Byron ne ha infatti conosciuti due, da parte di altrettamente famiglie che ha dovuto lasciare non per aver creato problemi ma per la volontà di persone che – magari col profondo dolore di chi è costretto a scegliere tra esseri che ama in modo forse differente ma con analoga intensità – non lo hanno più voluto con sè perchè rendeva più complicata la loro vita, violando così il patto morale di lealtà che sempre si sottoscrive col cane, costretto ad affidare agli uomini tutte le decisioni che lo riguardano (dall’essere sfamato all’uscire per i bisogni, dal vivere in salute all’essere lasciato). Ogni tipo di abbandono genera conseguenze e anche di questo gli animali umani dovrebbero rendersi pienamente consapevoli: c’è l’abbandono criminale, ossia quello che mette in pericolo la vita stessa del cane e che solo gli uomini più disgustosi praticano o ammettono, ma c’è anche l’abbandono mitigato dal trovare al cane una nuova sistemazione presso un altro proprietario o in un canile. Anche quest’ultimo – ancorchè reso meno drammatico dalla nuova opportunità (reale o solo immaginata) offerta al cane – è, di fatto, un abbandono, le cui ferite emotive molto dipendono dalla sensibilità del cane.

Byron era un cane estremamente docile, dotato di una sensibilità rara, che lo rendeva molto discreto nel manifestare i propri desideri e, nello stesso tempo, assolutamente determinato nel cercare un attaccamento non solo fisico alle persone, dalle quali si intuiva potesse dipendere la sua serenità emozionale. In parte, questo assetto emotivo è lo straordinario modo d’essere dei cani da pastore, ma in Byron era quasi il motivo stesso dell’esistenza, perchè poche altre cose lo interessavano come il vivere insieme agli animali umani. Nei 30 giorni trascorsi in rifugio, Byron aveva addirittura cambiato la modulazione del proprio abbaio per sembrare più piccolo di com’era ed attirare l’attenzione dei volontari che transitavano davanti al suo box, quasi immaginasse che sarebbero stati attratti più facilmente dalla voce di un cucciolo. Insomma, una grande sofferenza emotiva traspariva dal suo comportamento e la prospettiva di un’adozione che a breve lo avrebbe portato nella sua ultima e definitiva famiglia ci aveva molto rallegrato.

La parola che più ricorre in queste ore in rifugio è certamente “destino”, un termine che – secondo la definizione di Treccani – “indica l’idea di una predeterminazione delle cose che accadono, quasi come il frutto di una volontà ferma al di sopra delle capacità di azione e comprensione umana”. Usiamo questo termine anche per indicare la “cattiva sorte” e la “sfortuna”, quella che sembrerebbe aver accompagnato la vita di Byron e stroncato l’unica sua opportunità di rivalsa: ovviamente non è così che è andata, perchè la narrazione reale è fatta di abbandoni veri e di altrettanta vera sofferenza emotiva per Byron, così come purtroppo reale è il fatto che sempre più cani giovani vengano colpiti da forme tumorali estremamente aggressive, rendendo la loro sorte ancora più simile a quella degli animali umani che – proprio come i cani – si ammalano sempre più in giovane età a causa di ciò che mangiano, bevono e respirano in questo mondo in cui l’etica sociale è assente.

Una vicinanza emotiva – piccola, ma incondizionata e intensa – Byron l’ha comunque avuta nel momento in cui la sua vita si è avviata alla fine: è stata quella di Serenella, una volontaria di Apaca che ha trascorso con lui le ultime ore e gli è stata accanto nel momento dell’eutanasia, accarezzandolo finchè la morte gli ha donato la libertà dalla paura di essere lasciato solo.