Un’altra favola in rifugio: Dian e Alexia riunite sotto lo stesso tetto

Un’altra favola in rifugio: Dian e Alexia riunite sotto lo stesso tetto

Non poteva finire meglio: Dian, l’ultima meticcia rimasta in rifugio del gruppo di cani sequestrati in Comelico a novembre scorso, è stata adottata dalla stessa famiglia che, qualche settimana fa, ha avuto in affido Alexia.

Dell’adozione di Alexia abbiamo parlato pochi giorni fa e, il 14 marzo, la vicenda è stata raccontata anche nell’edizione locale de “Il Gazzettino”. Sta di fatto che la stessa famiglia di Calalzo che aveva raccolto dal rifugio Alexia – e che non sapeva che Dian sarebbe rimasta sola – non ci ha pensato due volte: si è precipitata in canile ed ha chiesto di adottare anche Dian. In pratica, si è trattato di un vero e proprio “ricongiungimento familiare”: le due cagnotte sono state ovviamente felicissime di rivedersi dopo un mese di distacco e si sono accomodate sul divano una vicino all’altra.

Si chiude, così, nel modo migliore la storia di questo gruppo di otto cani che hanno condiviso, per anni, la propria vita con quella di una persona sofferente, che non li ha mai maltrattati e li ha sempre nutriti a sufficienza, non potendogli garantire però alcun equilibrio psicologico e comportamentale. Due mesi di “lavoro” da parte dell’educatrice Elena Zanardo e di un gruppetto di volontari, uniti ad un’indole docile degli animali, hanno migliorato in maniera straordinaria la situazione, tanto da rendere tutti gli otto cani perfettamente adottabili.

Resta il rammarico per il loro passato: certamente sono stati la compagnia preferita -forse l’unica- di un umano che viveva una situazione di grande disagio psico-sociale, un persona che, però, andava monitorata meglio e soprattutto frenata per tempo nella sua attività di creazione del “branco”.

I servizi sociali devono prestare maggiore attenzione a casi come questi, perchè l’accumulo di cani e gatti (“Animal Hoarding”) è, se non un caso, almeno un sottotipo “grave” di disposofobia (accumulazione compulviva di oggetti), un disturbo mentale che va affrontato e curato. C’è poi il fatto che non si tratta di cose inanimate, ma di esseri viventi che il malato detiene spesso in condizioni deprecabili: anche questa circostanza dovrebbe convincere i sindaci e i servizi sociali ad occuparsene con tempestività, vale a dire fin dai primi momenti in cui l’accumulo si manifesta.

E, invece, in giro per la provincia ci sono decine e decine di casi anche più gravi di quello di cui abbiamo parlato in queste cronache. L’appello di APACA è di non tirarsi indietro e di segnalare queste situazioni al comune o ai servizi sociali, ma anche alla stazione dei carabinieri: farete il bene della persona e anche quello degli animali.