Il lupo: torna il Parco e magari un po’ di cultura

Dopo anni di silenzio – in larga parte dovuti al vuoto gestionale – il Parco nazionale Dolomiti Bellunesi ritorna nel panorama degli attori istituzionali. E finalmente fa sentire la propria voce anche sulla difesa del lupo, mettendo in campo qualche azione di assistenza tecnica. In quanto partner del progetto europeo Life Wolfalps, l’Ente Parco ha a disposizione un budget di 251 mila euro in 5 anni, di cui circa la metà sarà utilizzata per le azioni di assistenza tecnica agli allevatori: fornire e installare recinzioni elettrificate e risarcire i danni subiti in caso di predazione.

In una nota affidata alla stampa, l’Ente sottolinea come, nel corso dell’estate del 2020, all’interno del Parco abbiamo pascolato 200 bovini, circa 1800 ovini e una ventina tra asini e cavalli. Quante sono state le predazioni? Grazie ai recinti elettrificati di proprietà dei pastori o forniti dall’ente – evidenzia la nota del Parco – e alla stretta collaborazione con gli allevatori, sono stati predati dal lupo solo cinque ovini, prontamente da risarciti ai proprietari.

Nel corso del 2020 è stata attivata dall’Ente Parco anche una specifica squadra di supporto per il posizionamento e il controllo dei recinti elettrificati e la consulenza agli allevatori, un’attività che si affianca a quella già garantita da tempo dal Gruppo Grandi Carnivori del CAI.

E il bisogno di “studiare” non vale solo per allevatori e pastori: anche la Regione Veneto sembra aver sbagliato. A dirlo è l’associazione Salvaguardia rurale veneta, secondo la quale “i sistemi di protezione messi in atto dalla Regione Veneto con recinzioni alte un metro e mezzo presentano dei limiti. Le recinzioni devono essere alte almeno due metri e mezzo, devono essere interrate profondamente per non permettere ai lupi di scavare sotto e devono avere un risvolto in alto per impedire al grande predatore di superare la recinzione”.

L’ingresso in campo della “cultura” è sempre motivo di speranza, anche perchè dovrebbe aiutare non solo a migliorare ma innanzitutto a rimuovere l’astio e la violenza (al momento solo verbale) espressi da una buona parte del mondo agricolo e venatorio bellunese quando veniva affrontato il tema della convivenza con il lupo e i grandi predatori. Ora sappiamo che il modello a cui l’Ente Parco guarda è l’Abruzzo, di cui speriamo sinceramente di saper replicare la determinazione ma di cui vorremmo anche evitare le esperienze orribili dei lupi impiccati o uccisi a fucilate. E chi continuerà a seminare odio e astio dovrà essere considerato il mandante morale di queste morti!

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