Il diritto del cane alla sicurezza

Il diritto del cane alla sicurezza

Per stare bene, il cane deve provare senso di sicurezza

“I circuiti neurali che supportano il comportamento sociale e la regolazione delle emozioni sono disponibili solo quando il sistema nervoso ritiene l’ambiente sicuro, a indicare quanto questi circuiti siano coinvolti nella salute, nella crescita e nel recupero delle energie” (da: ‘La Guida alla Teoria Polivagale’ di S.W.Porges). Non stiamo parlando di cani, ma dell’uomo e di quanto in psicoterapia sia importante promuovere il senso di sicurezza per migliorare il benessere emotivo e quello psicofisico. E per gli altri animali non umani?

Per il cane vale lo stesso principio: più è protetto da eventi e stimoli che provocano emozioni negative (angoscia, stress, paura, timore, preoccupazione, disagio) più sta bene emotivamente e fisicamente. Mentre il cucciolo riceve senso di sicurezza dalle attenzioni e dalle attività della madre, per il cane adulto che entra in una famiglia è fondamentale poter contare su comportamenti coerenti di tutti i membri umani del gruppo che gli trasferiscano una sensazione di sicurezza emotiva e fisica ed alimentino in lui la convinzione di potersi fidare. Le punizioni fisiche, l’incutere timore, costringerlo ad affrontare problemi troppo difficili o anche semplicemente lasciarlo da solo quando non è ancora pronto ad accettare la separazione sono tutti comportamenti che ledono il suo diritto alla sicurezza.

Si tratta in sostanza di evitare l’esposizione a situazioni imposte o frutto del solo controllo esercitato dall’umano, poichè in entrambi i casi si nega al cane la possibilità di capire e poter scegliere. Al contrario, permettere, ad esempio, al cane di poter decidere di evitare l’incontro con un altro cane o una persona non gradita significa riconosce una capacità decisoria che dovrebbe progressivamente condurre ad un’autonomia sempre maggiore, autonomia che altro non è che il punto di arrivo del percorso “educativo” di un soggetto in apprendimento, sia esso un animale umano o non.

Il cane, dunque, prova senso di sicurezza ed è felice se è messo nella condizione di capire, di poter scegliere cosa lo fa stare bene ed evitare ciò che lo fa stare male. E’ una condizione che va nella direzione tracciata dalla più recente ricerca delle neuroscienze, che, da un lato, ha permesso di soppiantare la famosa metafora di Einstein e l’ameba che ha sorretto a lungo l’antropocentrismo (“Einstein e l’ameba procedono alla stessa maniera e cioè per prove ed errori, ma sono guidati nelle loro azioni da una diversa logica: Einstein cerca i propri errori, impara dalla loro scoperta ed eliminazione e grazie ad essi si avvicina alle proprie soluzioni e si assicura la sopravvivenza, l’ameba muore a causa delle sue soluzioni sbagliate”, Popper, Epistemologia, razionalità e libertà, 1972) e, dall’altro, ha individuato non uno ma molti e differenti modi d’essere dell’intelligenza evolutiva, come quello, ad esempio, riconosciuto proprio all’ameba, che avrebbe un’intelligenza spaziale perfetta, a cui l’uomo converrebbe poter ricorrere per applicarla in campo urbanistico.

Al cane – che, a differenza dell’ameba, non è un organismo monocellulare e condivide con l’uomo circa l’85% del patrimonio genetico – non è, perciò, più tollerabile negare il diritto alla sicurezza fisica ed emotiva quale aspetto fondamentale del suo benessere, benessere che il cane avrà maggiore possibilità di mantenere nel tempo se avrà la sensazione di essere lui a controllare la propria vita, una condizione psicofisica che favorisce l’autodeterminazione rendendolo disponibile a relazioni sociali (intra ed interspecifiche) più equilibrate e meno conflittuali.