Il Lupo e l’arroganza dei politici

Il Lupo e l’arroganza dei politici

Il declassamento dello stato di protezione. L’antiscienza al servizio dei cacciatori e non solo.

L’8 maggio scorso, con 371 voti a favore, 162 contrari e 37 astensioni, l’Europarlamento – dopo che il comitato permanente della Convenzione di Berna aveva fatto altrettamento – ha approvato la proposta della Commissione europea di modificare la direttiva Habitat abbassando lo status di protezione dei lupi da “strettamente protetto” a “protetto”. Ma su quali studi o dati scientifici si sono basate queste decisioni? Per supportare il declassamento sembra che la Commissione europea abbia pagato una società di consulenza privata per realizzare un report tecnico i cui dati non sono mai stati validati da enti scientifici indipendenti o da università. Come dire: se la scienza non ci sostiene (e sono ben 700 gli scienziati che hanno chiesto alla UE di fermare questa assurda, immotivata e pericolosa procedura), usiamo ciò che ci conviene, visto che, avendoci affidato il potere, possiamo fare ciò che ci pare, senza neppure il dovere di motivare e giustificare scientificamente le scelte.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista PNAS dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America, all’origine dell’atteggiamento antiscientifico ci sarebbero quattro possibili motivazioni: la prima è che il messaggio scientifico provenga da fonti percepite come poco credibili; la seconda è che i destinatari appartengano o si identifichino con gruppi portatori di credenze antiscientifiche; la terza è che il messaggio scientifico contrasti con ciò che i destinatari ritengono vero o favorevole o morale o importante; e, infine, che ci sia distanza cognitiva fra chi fa informazione e chi la riceve (uso di un linguaggio tecnico ed astratto, poco comprensibile). Quale tra queste potrebbe essere la motivazione che è stata alla base della decisione della Commissione europea di declassare lo stato di protezione del Lupo? Forse la terza. La scienza sostiene che il Lupo fa bene agli ecosistemi e alla biodiversità, che i danni che produce all’uomo sono ridottissimi (in Europa ci sono 20.000 lupi e 86.000.000 di pecore, con un indice di predazione dello 0,05%) e che la sua crescita numerica non potrà essere infinita poichè vincolata al rispetto della regola nota come “capacità di carico ecologica”. Tutte buone ragioni scientifiche per mantenere al grado più alto il livello di protezione, ma pessimi argomenti per chi, invece, vuole arrivare a poter cacciare anche i lupi (e magari gli orsi e ogni altra specie animale che oggi non si può inopinatamente abbattere a causa di fanatici animalisti che, in maniera snobistica e poco popolare e sovranista, pensano solo alla fauna selvatica e non anche a chi ama sparare e uccidere!).

Una ricerca della Portland State University pubblicata su Science Advanced ci aiuta ancora di più a comprendere la tipologia di esseri umani-politici che sviluppano atteggiamenti ostili alla scienza. In questa ricerca si scopre che le persone che sviluppano forte opposizione contro l’evidenza scientifica hanno conoscenze oggettive sul tema piuttosto basse, ma si sono fatti da soli una elevata conoscenza soggettiva. In sostanza, si legge nelle conclusioni della ricerca, presumono di aver capito tutto.

Sono almeno due le distorsioni cognitive (politicamente pericolose) di cui possono soffrire queste persone: il c.d. “effetto Dunning Kruger” per cui le persone incompetenti sono incapaci di rendersi conto della loro incompetenza e meno ne sanno più credono di sapere acquisendo poche informazioni; e l’over confidence, ossia una sopravalutazione di capacità che porta alle stesse conseguenze: meno sai, più presumi di sapere diventando presuntuoso e arrogante. E’ la tipologia di esseri umani-politici che si sta affermando in molte parti del mondo, dove negazionisti dell’efficacia dei vaccini diventano ministri della salute, negazionisti dei crimini commessi da passati regimi militari sono eletti capi di stato, negazionisti climatici diventano capi di partito e di governo. Se tutti questi soggetti, profondamente e convintamente orgogliosi della loro indipendenza dalla scienza, non hanno difficoltà ad affermarsi in ambiti rispetto ai quali le popolazioni di elettori sono di sensibili e magari anche attente, non c’è da stupirsi se davanti a una questione “marginale” come il grado di protezione del Lupo l’“effetto Dunning Kruger” o l’over confidence possano manifestarsi al massimo livello di presunzione in esseri umani-politici che sono certi, oltretutto, di venire apprezzati (e votati) non solo da quella sparuta compagine di soggetti che ancora pratica la caccia, ma anche da quella larga parte della popolazione che magari ama i cani, i gatti, i conigli e anche gli agnelli (che di solito apprezza a tavola il giorno di Pasqua), ma che ha seri problemi con l’animalità e col diritto degli animali (in particolare selvatici) alla coesistenza.

E’ una conflittualità arrogante, becera, ignorante e pericolosa, che ha a che fare con qualcosa che accomuna tutti gli animali, anche quelli umani. “Gli animali selvatici (omissis) non sono legati a noi da alcun rapporto di dipendenza. Non mangiano grazie a noi, non si curano grazie a noi e non è per grazia nostra che stanno al mondo. Non li abbiamo selezionati in razze. Non hanno un nome che noi possiamo pronunciare. Non vivono sotto i nostri tetti né occupano gli spazi dei nostri cortili, ovili, stalle e scuderie. Non hanno bisogno di noi. Credo sia per questa ragione che verso di loro è possibile qualunque azione, anche quella che rivolta alle altre categorie animali non sarebbe nemmeno pensabile. La caccia non si fa alle bestie domestiche e sparare a quelle d’affezione è addirittura reato. Ma verso gli animali liberi non esistono limiti: tutto ciò che non controlliamo non richiede nemmeno che a controllarci siamo noi. L’essere umano ama solo la bestia che ha privato totalmente della sua libertà. Soltanto ciò che è domestico accede alla categoria in cui l’uomo non si diverte più a spararti per gioco e solo ciò che è amato ha il diritto di non essere ucciso per un’utilità. Farsi amare è questione di sopravvivenza. Più libertà perdi, più sicurezza guadagni. È così che funziona nel mondo degli umani: ciò che ti protegge e ciò da cui devi proteggerti sono spesso la stessa persona” (Michela Murgia, Il leone)