Nuovo coronavirus dai cani: ecco la verità!

E’ rimbalzata su tutti i quotidiani la notizia di un nuovo coronavirus che si trasmetterebbe agli esseri umani dai cani. Detta così la notizia è di quelle che può produrre reazioni indesiderate da parte di un’umanità duramente provata da una pandemia non ancora sconfitta: del resto, ai giornalisti e alle redazioni che continuano a cavalcare il sensazionalismo per vendere il proprio prodotto editoriale importa evidentemente poco o nulla dei danni che possono produrre nella psicologia collettiva. A noi, invece, importa e, quindi, siamo andati a cercare quanto dichiarato davvero dai ricercatori che avrebbero trovato in un bambino malese, ammalatosi nel 2018 di polmonite, un coronavirus molto simile a uno conosciuto per infettare i cani.

Innanzitutto, la storia. Lavorando con uno studente di dottorato, Gregory Gray – professore di medicina, salute globale e salute ambientale alla Duke University- era in un team che nel 2020 ha sviluppato uno strumento diagnostico molecolare per rilevare la maggior parte dei coronavirus della famiglia Coronaviridae che include la SARS-CoV-2, che causa la COVID-19. Il team ha usato quello strumento per esaminare 301 casi di polmonite archiviati e ha raccolto segnali per i coronavirus canini da otto persone ricoverate con polmonite a Sarawak, uno stato della Malesia orientale. I ricercatori hanno coltivato un virus da uno dei campioni clinici e, attraverso la ricostruzione del genoma, sono stati in grado di identificarlo come un nuovo coronavirus canino.

Il team, dunque, ha confermato la presenza di questo nuovo patogeno in colture cellulari, ma non ha (ancora) dimostrato che sia la causa della polmonite umana. Il nuovo coronavirus è semplicemente simile a quello canino e la scoperta suggerisce (ma non prova!) che i coronavirus possono essere trasmessi dagli animali (compresi cani, gatti e suini) all’uomo più comunemente di quanto si pensasse in precedenza. “Quanto sia comune questo virus, e se possa essere trasmesso in modo efficiente dai cani agli esseri umani o tra gli umani, nessuno lo sa”, ha detto infatti Gregory Gray. Non solo, ma “questi patogeni non causano una pandemia da un giorno all’altro”. E allora? Allora “se vogliamo davvero mitigare la minaccia, abbiamo bisogno di una migliore sorveglianza dove gli esseri umani e gli animali si intersecano” e ovviamente – aggiungiamo noi – questo vale per tutti gli animali e per tutti i luoghi, compresi i mercati cinesi, i festival della disumanità come quello di Yulin, i laboratori di ricerca dove si pratica la vivisezione e quelli in cui si cercano armi biologiche, le strade piene di randagi e le discariche a cielo aperto dove cani e bambini si sfamano insieme, mentre la casa dove vive un cane o un gatto è l’ultimo dei luoghi da bonificare!

Alla fine, Gregory Gray che cosa suggerisce? Di promuovere la ricerca, migliorare la sorveglianza e l’indagine medica da parte degli infettivologi, utilizzando, perchè no!, anche strumenti diagnostici come quello sviluppato dal suo team per trovare questo virus, strumenti che hanno il potenziale per identificare altri virus nuovi per l’uomo prima che possano causare una pandemia. Un ottimo obiettivo condivisibile…che però non ha niente a che vedere con la “caccia alle streghe” di gatti, cani e suini “untori” di una nuova pandemia…

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