È “giusto” comprare un animale?

Proponiamo una riflessione molto probabilmente provocatoria, ma che sembra uno spunto interessante da segnalare quando si parla di un tema complesso come quello dell’antispecismo. La domanda che si sono posti alcuni attivisti e intellettuali è la seguente: è giusto comprare un animale domestico, come fosse una merce?

Il giornale tedesco Der Spiegel ha recentemente condotto un’inchiesta, riportata da Internazionale, raccogliendo le voci di chi è a favore di una totale liberazione della condizione subordinata di alcuni animali rispetto all’uomo. C’è infatti chi sostiene che la possibilità di acquistare un animale attribuisce un prezzo all’esistenza e legittima così la considerazione che degli esseri viventi possano diventare possesso di un altro essere vivente, cioè l’uomo. Si tratta di un’oggettivizzazione degli animali, visti come meri oggetti che si ottengono in cambio di denaro, un tipo di vendita che antepone i profitti al valore della vita di ogni creatura. L’uomo in ciò ha la colpa di giustificare la disuguaglianza fra le specie portando avanti questo tipo di commercio. Corey Lee Wrenn, docente di sociologia all’università di Kent, nel Regno Unito, pensa che non sia etico avere con sé animali domestici, in quanto ciò comporterebbe un ingiusto ed esteso controllo sulle loro vite, modellate nei secoli soltanto per soddisfare le pretese dell’uomo. I filosofi Gary Francione e Anna Charlton sostengono invece che, in materia di diritti degli animali, questi ultimi devono veder difeso principalmente il diritto a non essere una proprietà: se appartengono a qualcuno perdono il loro status morale trasformandosi in semplici “cose”. Francione e Charlton asseriscono inoltre che l’addomesticamento di animali da lavoro e compagnia sia un fenomeno che non si può più accettare e addirittura caldeggiano la sua scomparsa.

Indubbiamente non è una mancanza degli animali quella di venire al mondo attraverso una selezione che li ha resi di utilità per l’uomo ma anche dipendenti dal suo sostegno, un processo sorto e sviluppatosi nel corso di millenni, il risultato di un’evoluzione biologica e culturale con cui oggi facciamo i conti anche da prospettive tanto sfidanti.

A questo punto viene da chiedersi a quale livello si ponga l’adozione all’interno di questa delicata questione. Gli animali privi di una casa sono un dato di fatto nelle nostre società. A questo proposito Nathan Winograd, direttore del No kill advocacy center – un’organizzazione statunitense rivolta alla protezione degli animali – sottolinea l’importanza ed il dovere di occuparsi degli animali domestici nel migliore dei modi possibili e l’implementazione delle strutture che li ospitano quando vengono abbandonati rientra tra gli obblighi della società umana. Winograd è dalla parte dell’umanità in quanto essa “ha una grande capacità di compassione e cura”, qualità che aiutano uomini e animali a convivere in armonia e con rispetto: non come, rispettivamente, padroni e merci di scambio, ma come compagni che abitano insieme la stessa fetta di pianeta.

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