Animali in costituzione…anzi meglio di no!

Un’indagine demoscopica di Ipsos realizzata poche settimane fa ha evidenziato che per il 93% degli italiani la politica deve occuparsi di ambiente e transizione ecologica e per l’88% deve pensare anche alla tutela degli animali: il 91% degli italiani è anche d’accordo che la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali entri nalla nostra carta costituzionale.

Straordinariamente attente al consenso, le forze politiche hanno subito cavalcato l’onda e, un paio di giorni fa, la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato la proposta di modifica della Costituzione presentata dal Movimento 5 stelle per l’inserimento all’art.9 della Carta costituzionale di un nuovo comma che così recita: “La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali “.

Pensando alle nuove generazioni, la protezione di animali e biodiversità non è certo quella immaginata dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato

Le implicazioni potrebbero essere straordinarie per un Paese che in questo periodo postpandemico sta dicendo di voler scommettere sulla transizione ecologica e solidale, ma l’uso del condizionale è assolutamente d’obbligo. Infatti, l’approvazione in commissione è frutto di una lunga mediazione, che ha permesso di uscire dallo stallo provocato dai 245 mila emendamenti presentati (quasi tutti a firma del senatore leghista Calderoli), producendo un risultato assai annacquato rispetto alla formulazione originaria (“la Repubblica tutela l’ambiente e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni; protegge la biodiversità e gli animali”), di fatto eliminando la salvaguardia diretta di animali e biodiversità. Forti dubbi lascia anche la scelta di cancellare la proposta di attribuire allo Stato la legislazione esclusiva sulla tutela degli animali, un abbandono probabilmente imputabile al desiderio di qualche forza politica vicina a quei gruppi sociali (cacciatori, allevatori,ecc.) che confidano nelle competenze regionali per aggirare le tutele europee e nazionali della biodiversità.

Comunque sia, il percorso è ancora lungo per arrivare alle quattro approvazioni da parte dei due rami del Parlamento e, a distanza di ben 22 anni dalla presentazione del primo disegno di legge, il risultato potrebbe essere comunque importante soprattutto sul piano culturale e politico: sul piano pratico, invece, la tutela reale di natura e animali sembrerebbe destinata a subire i consueti beceri condizionamenti della negoziazione politica ed economica. Ecco perchè è da sperare in un miglioramento del testo nel corso dell’iter parlamentare.

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